Descrizione
A.G. ha un cognome che è storicamente molto ingombrante ed è un investigatore privato. Nella vita è sempre stato una cosa e anche un’altra e quasi mai soltanto una delle due: mezzo austriaco e mezzo italiano, con una madre ebrea e un padre cattolico, prima fotografo e poi poliziotto. Ha appena deciso di iniziare una psicoterapia quando da una grande azienda per la quale ha lavorato anche in precedenza riceve l’incarico di indagare su due delitti, avvenuti in un ristretto intervallo di tempo in due località distanti un migliaio di chilometri: il primo nei pressi dell’aeroporto di Amsterdam e l’altro in un residence di Milano. Tra i due delitti ci sono poche analogie e molte differenze, ma quando si tratta di trovare una connessione tra elementi distanti, allora quello è proprio il terreno sul quale A.G. si muove meglio. Dopo aver percorso molti chilometri e aver raccolto indizi in molte località d’Europa e nel cuore di New York, nel giro di poche settimane troverà la soluzione al mistero. Ma scoprirà, con sorprendente evidenza e con paradossale sollievo, quanto sia difficile alle volte attribuire la qualifica di assassino. Il titolo del romanzo evoca uno dei primi famosissimi versi del Proemio dell’Iliade in quella traduzione di Vincenzo Monti su cui hanno studiato, ormai da secoli, intere generazioni di italiani: Cantami, o Diva, del pelide Achille / l’ira funesta che infiniti addusse / lutti agli Achei…