Il mio terzo romanzo è ufficialmente pubblicato: Lutti agli Achei è infatti disponibile su questo sito e contemporaneamente su Amazon. Non so se è possibile attribuire a Lutti agli Achei la definizione di romanzo itinerante, ma è certo che quell’irrequieta tendenza a far dipanare la trama in tanti luoghi diversi, come già avveniva nei miei due precedenti romanzi, è qui rispettata in pieno. E, se possibile, forse è anche ulteriormente sviluppata. Lutti agli Achei è un thriller in piena regola: quindi ci sono dei delitti e c’è un investigatore. E c’è anche una soluzione, naturalmente. Resta da vedere se quella soluzione soddisfa chi l’ha cercata in lungo e in largo tra l’area aeroportuale di Amsterdam e la milanesissima Porta Ticinese, tra una placida Lugano, una New York sobriamente glamour (nelle strade di Chelsea – come nel caso dello scorcio della foto di copertina – e del Greenwich Village) e il berlinesissimo quartiere di Kreuzberg (la fermata della metro di Kottbusser Tor della foto sotto è da quelle parti e proprio da Kotti – come gergalmente i berlinesi chiamano quella piazza – transiterà il protagonista del mio romanzo ). Resta poi da vedere, soprattutto, se quella soluzione soddisfa il lettore.

Tutto ha inizio quando una grande casa farmaceutica di Basilea commissiona un’indagine intorno a due delitti, compiuti in successione piuttosto rapida in due luoghi distanti un migliaio di chilometri, che in realtà rivelano una sola, perfino pallidissima, connessione. L’investigatore A.G. forse vorrebbe davvero fare altro in quel momento, piuttosto che compiere quell’indagine per l’azienda svizzera per la quale ha lavorato anche altre volte in precedenza. Perché ha appena intrapreso una serie di sedute con Jutta, una psicoterapeuta che ha lo studio in un edificio storico di Vienna – a dieci minuti da quello che fu del dottor Freud in Berggasse 19 – in cui Ludwig van Beethoven ha scritto alcune delle sue opere più famose, e quei tre appuntamenti settimanali – alle 14 del lunedì, del mercoledì e del venerdì – che ha appena programmato con la sua terapeuta davvero mal si conciliano con l’esigenza di inseguire gli indizi di questa nuova indagine nel cuore di New York e in molte località d’Europa. Una precisazione si impone: se sul campanello della sua abitazione questo investigatore, mezzo viennese e mezzo veneziano, ha fatto indicare soltanto le iniziali, un motivo ci sarà, ma non voglio certo essere io a prevaricare i diritti della sua privacy. Quanto al titolo del romanzo, a molti non sarà sfuggito che richiama uno dei primissimi versi dell’Iliade in quella traduzione di Vincenzo Monti che ha tolto il sonno a intere generazioni di studenti: Cantami o diva del pelide Achille / l’ira funesta che infiniti addusse / lutti agli Achei. Ma non sarò certo di nuovo io a forzare la mano a Omero perché chiarisca un enigma che si scioglie soltanto nelle ultimissime pagine del romanzo.

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